Contributo di
Virginio Oddone
Un sistema ostile
Messaggio inoltrato da ISDE Italia
To: csermeg@yahoogroups.com ; isde@ats.it
Sent: Friday, September 28, 2007 11:41 PM
Subject: Re: [CSeRMEG] Fwd: I: In ricordo di Lorenzo Tomatis
Il primo testo autobiografico è "Il Laboratorio", che
quando ero studente e laureando qui a Torino era oggetto di golosi commenti
da parte di tutti, anche perché i soprannomi che aveva dato erano
azzeccati, primo fra tutti quello di "Grande Manitù"
ad Achille Mario Dogliotti. Lo comprai perché tutti in ospedale
e all'università ne parlavano, con una certa dose di compatimento
vagamente sprezzante per l'autore, ma sghignazzando dietro ai nomignoli
inventati da lui, per cui ne comprai addirittura due copie, una per
darla ad un mio amico belga. Il racconto era quello - a mala pena travestito
dai soprannomi, appunto - dei suoi tentativi di rientro in Italia, dopo
essere andato negli USA non, come dice la mail dell'ISDE, per sfuggire
ecc., ma semplicemente perché mandato dal suo Capo di allora,
che era il prof. di Anatomia Patologica (del quale in questo momento
mi sfugge il nome, ma che io conobbi da studente). Solo che non poté
più ritornare, per due fondamentali motivi: era rimasto lontano
per un paio d'anni dagli intrighi di corte (cioè la Facoltà
a Torino), e la gelosia di chi era rimasto e gli passò poi davanti
(il prof. Stramignoni).
Erano cose all'ordine del giorno all'epoca. Alessandro ("Soso")
Ferrero, del quale ho da molti anni perso le tracce, mio compagno di
corso, vinse una borsa, anche lui ad Anatomia Patologica, andò
tutto contento alla SUNY e non riuscì più a tornare; divenne
poi cardiochirurgo e l'ultima volta che lo sentii era, se non vado errato,
nello Utah. Le ragioni erano le stesse: l'università come "corte"
che ruotava attorno ad un sovrano ed alcuni potenti feudatari; la precoce
assimilazione - sin da studenti - ai giochi di potere e di corrente,
per cui amici fraterni si scannavano per potersi agganciare all'assistente
giusto, che li poteva immettere nei circuiti utili e che dava garanzie
di ascesa, il che significava anche assorbimento dei valori della relativa
subcultura; infine, il disprezzo di fatto per la cultura e per qualunque
autentica preparazione scientifica. I vecchi medici e professori di
un certo livello conoscevano tutti il tedesco, molti anche il francese,
l'inglese era ancora raro (del resto, le pubblicazioni che contavano
erano in tedesco); nella generazione di Tomatis, che era quella degli
assistenti con i quali noi avevamo diretto contatto, e dei giovani neocattedratici
della fine degli Anni Cinquanta, inizio Anni Sessanta, il tedesco era
scomparso del tutto, di francese ne sapevano il necessario per fare
qualche complimento, l'inglese era ostentatamente disprezzato: il risultato
era il provincialismo totale. Uno dei trucchi per fare pubblicazioni
di cui sentii parlare allora, era quello di andare a Praga, nell'allora
Cecoslovacchia, dove nonostante tutto era rimasta una buona università,
farsi tradurre dei lavori pubblicati in quella lingua o comunque in
riviste dell'Est europeo, e poi pubblicarli come propri: tanto, nessuno
andava a leggere le riviste in ceco od in polacco. Il vertice di tutto
era la diarchia rappresentata da Dogliotti e dal direttore sanitario
delle Molinette, che all'epoca era anche degli altri ospedali torinesi
(in questo momento me ne sfugge il nome), e tutti si dovevano inchinare.
Dogliotti non ha lasciato alcuna scuola, ha fatto terra bruciata attorno
a sè, e nonostante questo gli hanno dedicato un corso.
Intorno al 1969, l'allora giovane Sostituto Procuratore Vladimiro Zagrebeslki
cominciò ad interessarsi della Sanità torinese, partendo
da un esposto per una morte idiota all'ospedale ginegologico, il S.
Anna. Scoprì che durante i turni di guardia, uno solo dei medici
- l'assistente anziano - poteva operare e fare i cesarei d'urgenza,
ma era anche l'unico a potersene stare contemporaneamente - e durate
il turno - nel proprio ambulatorio privato a fare visite. Una giovane
donna ebbe dei problemi, si scatenò un'emorragia, lui disse di
aspettare perché stava visitando, quando arrivò non c'era
più nulla da fare. Poco tempo dopo, Zagrebelski iniziò
le indagini che portarono al famoso (allora) "processo dei clinici";
durante le perquisizioni nello studio del cattedratico di farmacologia
furono trovati gli appunti e la corrispondenza che mostravano come egli
falsificasse i dati sperimentali delle ricerche sui farmaci, in modo
che le ditte ottenessero l'approvazione del farmaco. Era quello il sistema
che espulse Tomatis. Non so di quanto sia cambiato adesso, perchè
ho imparato l'arte della cecità selettiva.
dr. Virvinio Oddone, MD
via Avogrado
6, Torino
e-mail: oddovir@ipsnet.it